
Inutile che inizi a parlare io, che durante i pochi eventi che ho fatto mi presento come “wine blogger e wine educator”. Però il blog è mio, e sono io che ne devo (e voglio) parlare.
Indubbiamente c’è confusione. Sai quante persone mi hanno chiesto:
“Ma quindi tu sei un enologo?”
Ehm… no.
“O però figo il sommelier! Ma tipo nel vino ci senti davvero la frutta?”
E no, non faccio l’influencer che spamma sui social tutto quello che si beve. Non perché non mi piaccia o abbia qualcosa in contrario: è semplicemente che i social non li uso per lavoro, li uso quando sono triste e annoiato. Quando bevo, invece, sono felice e divertito… e voi non vedete neanche una boccia. A meno che non sia una boccia talmente instagrammabile che tipo: “Ma quando mi ricapita che mi offrono un Monfortino Conterno del ’99?”. E allora tac, foto. (E che fai, non la fai?!)
Comunque, in tutta questa confusione facciamo un po’ di chiarezza.
L’ENOLOGO
Raga, l’enologo è quello che fa il vino. È il tipo che ha studiato agraria, si è laureato in enologia e viticoltura e non fa il figo con il vino: il vino lo produce proprio.
E voi mi direte: “Il vino lo fa anche mio nonno che non ha studiato enologia”.
Vero. Ma sono abbastanza convinto che vostro nonno non faccia un Sassicaia.
Nelle piccole e grandi cantine c’è sempre uno (o più) piccoli chimici che, manco fossero Harry Potter con la bacchetta magica, tirano fuori capolavori. Ah sì: nel vino c’è la chimica. Per quanto possiate menarvela con naturale/biologico/biodinamico, c’è sempre uno che decide quando fermare la maturazione, quanto far durare la fermentazione, quali lieviti usare e tutte le altre scelte che si fanno in cantina.
Detta così ok… ma poi che tipi sono gli enologi?
A metà tra un contadino e uno scienziato da laboratorio.
Scordatevi i fasti scintillanti dei calici e dei pinguini che servono Krug: li trovate in campagna, in cantina o sporchi di terra in vigna. Quando arriva la vendemmia salutano i loro cari come se stessero partendo per la guerra (li rivedranno un mese dopo, sconvolti dalle 24 ore al giorno di lavoro) e dalle sbornie di vino rosato.
Domanda: l’enologo serve al vino?
Eccerto! Altrimenti chi lo fa il vino buono? Vostro nonno?
I superfan dei vini naturali (vedi capitolo dedicato su questo blog) ti diranno che l’enologo non serve e che gli interventi in cantina devono essere minimi o nulli. Ma questa è una storia di cui abbiamo già parlato, ed è la più grande e silente guerra enoica che esista.
IL SOMMELIER
Raga, qui si apre un mondo. Negli anni ’60 in Italia c’erano circa 200 sommelier: oggi la sola AIS (principale associazione) conta 40.000 associati. Poi ci sono le altre associazioni (almeno una decina), più ONAV, WSET… insomma, una marea.
Ma torniamo alla base: chi è e cosa fa il sommelier nella cultura popolare?
Il sommelier è un critico del vino. Stappa una bottiglia, ne versa un goccio, lo guarda, lo odora, lo assaggia. Ha le capacità — dovute a studio ed esperienza (leggasi: bottiglie stappate) — per giudicarlo e decidere a quale cibo abbinarlo.
Questa dovrebbe essere la base: il sommelier professionista lavora nei ristoranti che hanno una ricerca approfondita del gusto e sceglie quali vini abbinare.
Ma se contiamo che in Italia ci sono 393 stellati, siamo un attimo in overbooking di figure da collocare.
Ed è lì che nascono i mostri (tipo me).
Vi spiego meglio (spiegone alert):
Alla prima lezione del corso da sommelier sembriamo un gruppo di alcolizzati intellettuali che hanno deciso di sublimare la loro dipendenza. Finito il primo livello c’è una bella scrematura, e restano più o meno queste figure:
- il cameriere del ristorante che fa un upgrade per la sua carriera
- il tipo che lavora in cantina e non sa che il titolare gli sta pagando il corso per farlo parlare con gli stranieri il sabato e la domenica
- il professionista benestante del circolino che vuole fare il figo col vino
- quelli che credono che il vino possa dargli una nuova opportunità lavorativa e ci credono davvero (vedi me)
Bene o male l’asse è fatto.
Qualcuno collaborerà con l’associazione di riferimento, qualcuno si girerà tutte le fiere di settore, ma per la maggior parte (mila mila mila persone) rimarrà una skill da mettere nel cimitero dei wannabe qualcosa.
Domanda: il sommelier serve davvero al mondo del vino?
Sni.
Il sommelier serve, sì.
Servono tutti questi sommelier? No.
IL WINE INFLUENCER
Raga, guardiamoci in faccia: il mondo degli influencer è in decadimento totale.
Da quando la bionda ha fatto un macello con i panettoni, si è un po’ sgretolato tutto.
Non per giudicare o fare il boomer: è proprio questione di cicli. C’è un inizio e c’è una fine.
Il mondo del vino non poteva esimersi: i wine influencer proliferano giorno per giorno, ma spesso parlano a un circolo ristretto di persone che capiscono la terminologia e sono già esperte del settore.
La fantasia di divulgare il vino rimarrà solo fantasia?
Chi può dirlo. In fondo è quello che provo a fare anche io.
Distinguiamo però chi prova a divulgare davvero da chi si spara le pose con le bottiglie importanti.
(Non siamo uguali: tu sei molto più ricco.)
C’è inoltre una mega faida tra enologi e wine influencer.
Se non mi credi, guarda la pagina Instagram @enologibrutti.
Domanda: servono i wine influencer al mondo del vino?
Credo che il vino sopravviverebbe lo stesso anche senza…
però danno un tocco di colore alla scena.
MORALE DELLA FAVOLA
Enologi indispensabili, sommelier utili, influencer discutibili…
ma il vino, tranquilli, se la cava benissimo da solo.
Siamo noi che abbiamo bisogno di sentirci importanti.
In vino veritas… ma anche no.
Che poi alla fine basta un calice pieno.
—
Canzone consigliata per la lettura: “Bring Me to Life” – Evanescence










