Vin’ a porter

(e se i vostri gusti cambiassero in base alle mode?)

La prima domanda che mi viene da fare a un produttore è sempre la stessa:

“Nel tuo vino c’è quello che piace a te o quello che piace al mercato?”

La risposta non è mai così scontata.
Ci sono i duri e puri alla Josko Gravner che ti direbbero: “C’è quello che piace alla mia famiglia”, e poi ci sono altri – che non fanno i vini di Gravner – ti diranno che strizzano un occhio alle tendenze.

Raga, fidatevi: c’è un mondo di special analyst, psicologi del decision making che passano la giornata a studiare cosa vi spinge a scegliere quella bottiglia di vino invece di un’altra.
(Sì, lo so che è il prezzo, mascalzoni!)

E la stessa cosa vale per noi, tra virgolette (ma tante, nel mio caso), “esperti”: anche noi siamo influenzati dalle tendenze.

Dagli anni ’30 agli anni ’60

(Come beveva mio nonno. E anche il tuo)

È cambiato proprio il concetto di vino.
La ricerca dello stile, della qualità e dell’originalità che c’è oggi era impensabile per i nostri nonni.
Il vino faceva parte del pasto, era fermentato fatto in casa (autoprodotto o barattato col vicino), messo nella brocca e usato a pranzo e a cena.

Ora, immagina di catapultarti nel tempo.
Arrivo io, il “sommelier”, “l’assaggiatore divino”, con il mio “tastevin”, e busso a casa di mio nonno esclamando:

“Salve! Noto che lei è un winelover amante dei nature, vedo che non disprezza la volatile… ma da wine educator mi lasci proporre qualcosa di alternativo…”

Secondo voi quale sarà la mia fine?
E perché proprio in fuga dal paese, inseguito da mio nonno e gli amici col forcone?

Gli anni ’60 – La revolución!

Raga, gli anni ’60 sono stati rivoluzione pura: diritti civili, hippie, rivoluzione sessuale, movimenti studenteschi, moda…
Secondo voi il vino poteva restare fuori?

Si inizia a parlare di qualità, si capisce che terreni + vitigni + mani consapevoli = terroir = vino memorabile.
Il vino diventa status symbol: si scoprono annate pregiate, nascono DOC e DOCG.

Il vino pop?
La Barbera.
Sì, quella che oggi è la sorella povera del Barolo.
All’epoca era ovunque. Piaceva a tutti.
(Pensate che regalavano Barolo a chi comprava due bottiglie di Dolcetto d’Alba. Giuro.)

Nel frattempo, giù in Franciacorta, iniziano a miscelare Chardonnay e Pinot secondo il Metodo Classico (aka Champenois se volete fare i fighi), e nasce lo spumante italiano più trendy.

Nel centro italia, un contadino visionario pensa che il vino della sua terra non ha nulla da invidiare come struttura o longevità ai grandi vini del Nord, così Emidio Pepe fa conoscere al mondo il Montepulciano D’Abruzzo che presto diventerà un icona nel mondo vinicolo. (Non era una marchetta neanche questa ma se Nonno Emidio vuole, chi sono io per rifiutare)

Il Brunello di Montalcino non aveva una sua Docg all’epoca ma già era considerato un top player, cioè quando il presidente Saragat è andato in UK a conoscere Queen Elisabetta cosa credete che le abbia portato? esatto, un Biondi-Santi riserva del ’55.

ANNI ’80: IL BOOM!

Si chiamano Boomer perché hanno vissuto il boom economico.

Con uno stipendio in famiglia si faceva tutto: si risparmiava e, con due stipendi, ci scappava la casa al mare e la barchetta.

E quando non sai che fare con i soldi, iniziano le passioni.
Il vino è una di queste. Nasce la figura dell’enologo.

I Barolo Boys, guidati da Elio Altare, rivoluzionano il Barolo e lo portano negli USA. (Spoiler: googlate, storia fighissima)

Esteticamente? Anni terribili.
Vestiti orribili, capelli orrendi, musica pessima uscita dai primi strumenti elettronici ridicoli.
Guardate l’album dei vostri genitori se non ci credete.

E cosa bevevano i giovani boomer?

Matheus (vino portoghese in bottiglia a forma di borraccia)

Lancers (concorrente, sempre portoghese, bottiglia in terracotta)

Ma il must-have se vuoi far brillare la tipa che hai portato a mangiare un piatto di pennette alla vodka o un risotto champagne e fragole era solo il mitico Greco di tufo dell’azienda feudi di san gregorio che in quegli anni avrà raggiunto fatturati monstre grazie alla dilagante moda dei bianchi campani Greco e Falanghina su tutti.

Anni ’90 – Se non sa di legno non lo vogliamo

Lo strascico dei vini portoghesi si fa ancora sentire, ma… arriva la barrique!
Piccole botti di legno che trasformano il Barolo in vino internazionale.

Mentre Elio Altare & co. rivoluzionano il Piemonte, in Toscana nasce la leggenda dei Supertuscan.
Bolgheri, Cabernet, enologo top (Giacomo Tachis) e il gioco è fatto: Sassicaia, Ornellaia, Tignanello.

E il vino “da figo”?
Il Galestro capsula viola di Antinori (tutto frutto e zero minerale)
Oggi neanche come succo di frutta.
(Perde una blind col Tavernello a mani basse.)

Intanto, nasce l’enoturismo: la gente paga per andare a farsi i cazzi dei vignaioli, che tolgono i panni da contadini e diventano storytellers.

Dal 2000 a oggi (preferirei del verde tutto intorno)

Finita l’era della barrique per tutti, il gusto si affina.
I grandi vini restano grandi: Barolo, Brunello, Amarone, Supertuscan.
Ma si affermano anche Etna e Pinot Nero (dal gusto più leggero ed elegante)

Tra i bianchi, Franciacorta + Trento DOC + Alta Langa.
Friuli? Regna Gravner, e la Ribolla in anfora diventa poesia.
Si riscoprono vitigni minori: Fiano, Grechetto, Trebbiano.

Ma la vera rivoluzione è verde:
Biologico, biodinamico, sostenibile.
Nascono i vini naturali.
(Alcuni non si possono bere. Altri sono autentiche chicche.)


Morale della favola?

Ogni epoca ha avuto le sue mode e le sue schifezze.
Ma la qualità vera ha scavalcato tutto.
Il Brunello era buono nel ’55 ed è buono anche oggi.

E tu, ritieniti fortunato:
saresti potuto morire convinto che il Lancers fosse divino.


In vino veritas, ma anche no.
Ma almeno adesso sai cos’è il Galestro.

🎵 Canzone consigliata per leggere l’articolo: “Sfiorivano le viole” – Rino Gaetano

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FA BENE O FA MALE?

(ZERO FAKENEWS, SVISCERIAMO TUTTO) Scrollando Instagram mi è capitato di vedere uno di quei post dove si diceva che prima del 1956 nelle scuole francesi veniva servito il vino a mensa. Le foto ritraevano bambini delle elementari con bottiglie e bicchieri colmi che neanche noi il venerdì sera all’aperitivo. Domanda spontanea: che aspettativa di vita…

Cocktail con il vino, eresia o sepòfa’?

Non fate quella faccia… Vostro nonno metteva le pesche nel vino e lo allungava con la gassosa: cos’era, se non un invention test di mixology? Ebbene sì, secondo me il primo cocktail in cui è stato usato il sacro nettare è assolutamente vino e gassosa, nella versione mezzo e mezzo (come piaceva ai contadini abruzzesi)…

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