C’era una volta il vino.
Poi sono arrivati gli integralisti, i puristi, gli enologi da tastiera, i sommelier che sognano di diventare influencer e i contadini 4.0 armati di lievito.
Oggi il mondo del vino non è più solo questione di gusto: è guerra di ideologie.
Naturali contro Convenzionali. democratici contro repubblicani. buoni contro cattivi.
ma è davvero così?
Naturale è bello? Sì, ma il foxy…
(Se ti stai chiedendo cos’è il foxy, è il mio modo carino per dire che il vino puzza)
Chiariamo subito: “vino naturale” non è una categoria regolamentata. È una filosofia, non un disciplinare. Significa (più o meno): uva coltivata senza chimica pesante, fermentazioni spontanee, pochi o zero interventi in cantina
(già mi sento gli enologi imbruttiti dentro l’orecchio, il vino è tutto naturale!!! gne gne gne).
Insomma: il vino lasciato libero di essere se stesso.
Bellissimo, romantico, poetico. Ma anche rischioso.
Perché la libertà, nel vino come nella vita, può portare a risultati meravigliosi… o a robe che sanno di cantina umida e cavallo sudato. E se ti dicono che è “il terroir che parla”, rispondi: forse è il Brett che urla.
Convenzionale = McDonald’s? non proprio.
I vini convenzionali — quelli “da supermercato”, ma anche quelli di grandi cantine — sono spesso visti come i cattivi del film: manipolati, pompati, senz’anima.
Eppure dietro a un grande vino “convenzionale” c’è competenza, controllo, coerenza.
Ci sono enologi che fanno scelte tecniche con precisione chirurgica, non per corrompere il vino, ma per esprimerlo al meglio.
Aggiungere un po’ di solforosa non è un crimine contro l’umanità. È spesso una tutela per il vino e per chi lo beve.
Se naturale è libertà, convenzionale è affidabilità. E anche questo conta, poi c’e’ chi si fa fare il vino da fabbriche chimiche e questi andrebbero arrestati.
(nella cella accanto c’e’ quello che beve solo naturali ma è li’ perchè ha imbrattato un monumento in nome della salvaguardia ambientale)
Il vero problema? E’ come ce lo raccontano!
Il punto non è scegliere da che parte stare. Il punto è smetterla con la guerra. il punto è non confondere il vino con lo stile di vita,
ti senti figo con frasi tipo “io bevo solo naturale”? oppure sei di quelli con la camicetta e l’orologio di marca che dice “quelli naturali puzzano tutti”?
una parte del mio fegato piange, l’altra e’ corrotta.
Il vino non è un campo di battaglia, è un linguaggio,ogni bottiglia ha il diritto di raccontare la sua storia e nessuno deve arrogarsi il diritto di riscriverla.
Bere meglio, non bere giusto
Raga vi confido un segreto:
Chi ne capisce davvero non sceglie tra naturale o convenzionale.
Sceglie tra buono e non buono, tra vero e costruito, tra emozione e piattezza.
Puo’ essere un orange torbido da un ettaro di vigna sui colli bolognesi, o un Brunello con fermentazione controllata e legno francese ma a noi “che ce frega”, è buono.
Morale della favola?
Questa “guerra” non la vincerà nessuno.
Spegnete le etichette mentali, aprite le bottiglie.
E ricordate: nel vino, come nella vita, le cose più interessanti succedono quando smetti di giudicare e cominci ad ascoltare.
Perché in vino veritas. Ma anche no.
Canzone consigliata per la lettura dell’articolo: “Destra Sinistra” di Giorgio Gaber


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